Revisione di libri di anti-vaccinisti


   Capitolo 1

"Due Secoli di Vaccinazioni"


1.1. Le epidemie del passato

Qui l'autore ci vuole far credere che tutte le malattie infettive sparivano con la migliorata igiene (soprattutto con l'acqua potabile pulita) e cita a lungo dall'articolo che un'altro anti-vaccinista aveva scritto nel 1923:

Il vaiolo sarebbe quindi stato causato dalla poca igiene e dall'acqua impura. Acerra racconta di molte migliaia di morti di vaiolo in Germania e in Gran Bretagna che secondo lui erano quasi tutti vaccinati e rivaccinati. Poi, scrive, le autorità tedesche furono costrette a cercare la causa del vaiolo e attuarono una serie di provvedimenti igienici (fognature, acqua, rifiuti etc.). E voilà: Le grandi epidemie non ritornarono più. Poi infila una frase d'effetto emotivo: "L'obbligo delle vaccinazioni si abbattè sulla popolazione in modo opprimente e deleterio, con la maggior parte delle persone aventi entrambe le braccia con una decina di punti di inoculazione."

Come prova per questa tesi (cioè che il vaiolo è sparito grazie alle misure igieniche come le fognature e l'acqua potabile) ci porta l'esempio dei paesi del cosiddetto Terzo Mondo di oggi. Descrive la miseria e i grandi problemi igienici di questi paesi. Però dimentica che, se la tesi del vecchio anti-vaccinista Hadwen fosse giusta, allora il vaiolo esisterebbe ancora oggi nei paesi in via di sviluppo. In realtà le vaccinazioni (e ulteriori misure come le quarantene) hanno eradicato il vaiolo da TUTTO il mondo. L'ultimo caso risale al 1977.



1.2. Vulnerabilità delle malattie infettive

In questo capitolo ci viene riproposto l'urban-legend "il consumo di zucchero da tavola rende vulnerabili al virus della poliomielite" o in altre parole "chi non mangia zucchero raffinato non si può ammalare di poliomielite".

Cito l'esperto in vaccinazioni DDr. Wolfgang Maurer:

"(....) schliesslich wird seit über 50 Jahren behauptet, dass der Verzicht auf Verzehr von Fabrikzucker Poliomyelitisepidemien augenblicklich zum erliegen bringt. Schaut man sich das Originalpaper mal an, so steigt die Poliohäufigkeit in dem Jahr der Sandlerschen Diätempfehlung weiter an und verläuft eigentlich gleich wie die Epidemie 1946 zwei jahre vorher."

Traduzione: "(....) gli anti-vaccinisti affermano fra l'altro anche da più di 50 anni che una rinuncia al consumo di zucchero industriale ferma immediatamente le epidemie da poliomielite. Se si guarda il paper originale, nell'anno della raccomandazione di dieta sandleriana l'incidenza di poliomielite continua ad aumentare e va praticamente avanti allo stesso ritmo come le epidemie del 1946, cioè due anni prima."

Acerra non considera nemmeno che i fatti smentiscono clamorosamente quella teoria vecchia e sepolta, perché altrimenti nei paesi industrializzati, dove il consumo di zucchero raffinato è aumentato moltissimo negli ultimi decenni, ci dovrebbero ancora essere le epidemie da poliomielite. Invece questa malattia ormai è rimasta endemica solo in alcuni paesi (India, Nigeria) dove sicuramente la gente non si alimenta prevalentemente di zucchero industriale, mentre i paesi industrializzati (USA, Europa etc.) sono stati dichiarati poliofree.



1.3. Immunità da vaccino

Dopo aver elencato alcuni esempi tirati per i capelli, che dovrebbero provare che i vaccini non sono la panacea a tutti i mali:

  1. Durante un'epidemia di colera a Napoli (1973) la gente è andata negli ambulatoi, ansiosa di essere vaccinata perché si erano create un po' troppe aspettative intorno alle vaccinazioni invece di comprendere che la causa di quell'epidemia risiedesse nella dimenticanza di elementari norme sanitarie.
  2. Se le vaccinazioni fossero infallibili e sempre efficaci, ci potremmo vaccinare contro tutto, a partire dal comune raffreddore fino all'AIDS
  3. Negli anni 60 furono sperimentati su bambini vaccini contro le più comuni infezioni delle vie respiratorie ma nei vaccinati che prendevano un'infezione naturale si aveva un decorso molto piu' grave del solito (senza indicare una fonte per questa affermazione per dare la possibilità di controllare)

Acerra conclude

"Spesso l'immunologo deve fermarsi davanti a questa situazione. I vaccinati sviluppano i livelli previsti di anticorpi, ma la malattia si sviluppa comunque in essi".

La solita urban-legend, insomma.

La funzione dei macrofagi

In questo capitolo l'autore cerca di buttare sabbia negli occhi del lettore con lo scopo di "provare" che i vaccini non rendono immuni dalle malattie contro cui sono diretti. Fa una piccola digressione nel campo dell'immunologia, evidentemente contando sul fatto che gran parte dei suoi lettori conosca pochissimo il sistema immunitario e il funzionamento dei vaccini. Dice inoltre che "la semplice equazione "anticorpi = immunità" può essere considerata al massimo un'approssimazione".

Gli esperti di vaccinologia e immunologia sanno però benissimo che molti vaccini stimolano anche un'immunità cellulare, non solo quella umorale (anticorpi). Le vaccinazioni funzionano benissimo e questo è provato sia dagli studi che dai fatti, senza ombra di dubbio, anche se Acerra non spiega al lettore come funzionano realmente i vaccini (ma forse non lo sa nemmeno lui?).

Acerra afferma poi che poco tempo dopo l'introduzione del vaccino, i bambini cominciarono a sviluppare forme di morbillo atipiche, da una parte una forma subdola, resistente al trattamento (come se il morbillo vero fosse invece trattabile...), dall'altra una forma leggera con la comparsa di chiazze rosse minuscole o addirittura senza chiazze. Queste forme atipiche, ci racconta Acerra, hanno l'effetto di provocare malattie croniche di tipo degenerativo. Non sottolinea però che il primissimo vaccino contro il morbillo non conteneva virus attenuati vivi ma inattivati. Una parte di questi bambini sviluppava successivamente, quando venivano a contatto con il virus del morbillo selvaggio, una risposta immunitaria anomala e questo risultava in una forma di morbillo atipica. Questo vaccino veniva abbandonato e da più di quarant'anni si usa solo quello con virus attenuato e vivi che non ha questo effetto ma protegge dal morbillo. L'affermazione dell'autore che quelle forme di morbillo atipiche hanno l'affetto di provocare malattie croniche di tipo degenerativo e naturalmente una pura leggenda metropolitana tipica per gli anti-vaccinisti.

Poi cita una dichiarazione del 1984 del Ministero della Sanità degli Stati Uniti, che lui interpreta in modo molto curioso. Dice "cioè c'è una prevista risposta con anticorpi al vaccino, ma questa non basta per prevenire la malattia." La frase che lui riporta e il cui senso evidentemente gli è sfuggito era: "Un bambino che si trova in uno stato di sensibilizzazione immunologica, ma non è ancora immune, è per così dire in uno stato di immunizzazione inadeguata". In realtà qui si parla del periodo immediatamente dopo la vaccinazione, perché per sviluppare un'immunità ci vuole qualche settimana, non è istantaneo come accendere la luce con un'interruttore.


1.4. Che cosa c'entra il morbillo con tutto ciò?

L'autore dimostra ancora una volta la sua ignoranza in tema "immunologia". Le immunoglobuline A (IgA) sarebbero, secondo lui, fagociti. In realtà però sono anticorpi quindi il loro scopo è di legarsi agli antigeni ma non li possono fagocitare (= mangiare). Acerra spiega poi che "gli anticorpi specifici nel sangue (IgE, IgM), anch'essi neutralizzanti, intervengono solo quando la risposta difensiva locale e fagocitente si è consolidata."

La risposta specifica del sistema immunitario non "aspetta" che la risposta della parte aspecifica sia "consolidata", ma semplicemente impiega più tempo (diversi giorni) prima di poter combattere efficacemente l'intruso (nel caso che si tratta di un antigene sconosciuto). Se invece il sistema immunitario ha già avuto un precedente contatto con l'antigene (ed è a questo che servono i vaccini), è efficace in brevissimo tempo.

Acerra prosegue, lodando l'infezione da morbillo con relativo quadro clinico come "una importantissima fase di sviluppo del nostro sistema immunitario". La battaglia fra il nostro sistema immunitario e il virus del morbillo (che finisce sempre con la morte di uno dei due avversari - qualche volta la persona infetta, altre volte il virus) viene descritta una "splendida manifestazione" e che malattie come il morbillo siano "l'esperienza decisiva della normale maturazione fisiologica del sistema immunitario nella vita di un bambino sano".

Sarebbe come dire che per imparare a sanguinare e a fermare l'emorragia, le vene devono prima esercitarsi - sanguinando evidentemente. Quello che Acerra scrive sul morbillo è assurdo - se il sistema immunitario non fosse ancora in grado di combattere con successo il virus del morbillo, il malato morirebbe. Infatti, è questo il prezzo che l'umanità paga al virus - nel 2003 ci sono stati 530.000 morti di morbillo in tutto il mondo (di cui ca. 5000 nella Regione WHO Europa).

Per queste vittime la "splendida manifestazione" non è stata poi tanto splendida. Con il virus attenuato del vaccino, il sistema immunitario si può esercitare (cioè prepararsi per l'incontro futuro con il virus del morbillo selvaggio) e tutto questo con un bassissimo rischio.

L'introduzione del vaccino

L'autore ci racconta che prima dell'introduzione del vaccino, l'età tipica dei pazienti affetti da morbillo andava dai 5 ai 9 anni e che dopo l'introduzione del vaccino il 64% dei soggetti colpiti aveva più di 10 anni.

E' vero che in paesi dove c'è un'alta copertura di vaccinazioni anti-morbillo l'età dei malati tende a spostarsi più in là, ma questo è soprattutto un problema delle persone non vaccinate. La spiegazione è semplice: a causa dell'alto numero di bambini immuni, il virus non può più circolare liberamente e gli intervalli tra un'epidemia e l'altra si allungano. Prima che si accumulano abbastanza bambini suscettibili, passa il tempo e i bambini suscettibili crescono senza venire a contatto con il virus. I bambini suscettibili sono quelli non vaccinati e quelli che sono stati vaccinati ma non hanno sviluppato l'immunità (i cosiddetti non-responder). Dopo la seconda dose del vaccino soltanto ca. 1% del totale dei vaccinati rimane suscettibile al morbillo. L'altro punto importantissimo, che Acerra però non ci dice, è che il totale dei malati si riduce sensibilmente e con un'alta copertura di ciascuna coorte di nascite con una prima e poi una seconda dose, il virus viene eradicato. Questo è già stato dimostrato da diversi paesi (per esempio la Finlandia, la Svezia, le Americhe e altri). In quei paesi ormai il morbillo non è più endemico ma i pochi casi che vengono ancora segnalati fanno tutti capo a una persona che ha importato il virus da un paese estero in cui il virus è ancora endemico.

I dati che Acerra indica, cioè lo spostamento dell'età del "tipico" malato di morbillo, sono scelti con cura. Ci vuole convincere che vaccinare contro il morbillo è una pazzia visto che serve solo a spostare l'età dei malati. Però ci fa vedere solo un minuscolo pezzo del puzzle.

Guardiamo insieme il quadro intero, prendendo come esempio gli Stati Uniti.

Il vaccino contro il morbillo è stato introdotto nel 1963. Nei 10 anni prima il morbillo aveva causato ogni anno:

più di 3 milioni di casi di morbillo,
più di 450 morti,
ca. 48.000 ricoverati,
ca. 7.000 convulsioni
ca. 1000 persone riportavano danni permanenti (danni al cervello o perdita dell'udito)

Per evitare tutto questo è stato sviluppato un vaccino.

Nel 1998 (un anno prima dell'uscita del libro di Acerra) sul MMWR viene pubblicato la situazione epidemiologica negli Stati Uniti:

In tutto sono stati segnalati 100 casi di morbillo (nell'anno precedente erano 138). Praticamente tutti i casi erano stati causati da virus importati dall'estero (per la maggior parte dal Giappone). La consclusione del Center of Disease Control è che il morbillo non è più endemico negli Stati Uniti, cioè è stato eliminato, grazie alle vaccinazioni.

Da allora la situazione negli Stati Uniti è ulteriormente migliorata (ma naturalmente questi dati non erano ancora disponibili quando Acerra ha scritto il proprio libro):

Nel 2001 ci sono stati 116 casi di morbilli, nel 2002 solo 44 e nel 2003 56.

I dettagli si possono leggere qui:

Epidemiology of Measles --- United States, 2001--2003

Invece di informare il lettore della situazione al momento della stesura del libro, cioè che il morbillo non è più endemico negli Stati Uniti, preferisce pescare nel passato. Ci racconta di un'epidemia del 1981 "all'Università della California" (come se ci fosse soltanto una in tutto lo Stato) in cui l'età media dei ammalati di morbillo era 20-24 anni (logico, questa è l'età media delle persone che vanno all'Università...) e di questi malati il 91% era vaccinato. In quell'epoca però si vaccinava solo una volta contro il morbillo. Poi si è visto che ca. il 5% dei vaccinati non sviluppavano un'immunità e quindi rimaneva suscettibile al morbillo. Dopo la seconda dose (che si può fare a partire da un mese dopo la prima) il 99% dei vaccinati è immune. Negli Stati Uniti e in molti altri paesi si è quindi cominciato a introdurre una seconda dose.

L'autore ci scrive che "nel 1989 fu creato un tipo di vaccino per il morbillo altamente concentrato e quindi potenzialmente immunizzante più a lungo e meglio. (...) Fu rilevato che i bambini iniettati con tale prodotto stavano morendo in gran numero. Le bambine africane, cui nell'esperimento fu somministrata una dose doppia rispetto a quella dei bambini, avevano una mortalità significativamente maggiore di quella dei bambini. Nel 1992 l'OMS ritirà tale vaccino dal mercato."

Queste informazioni sono piene di scorrettezze. In realtà è andata così:

Nei paesi in cui il morbillo è una grande minaccia per i bambini, il gruppo dei bambini dai 4/5/6 ai 9 mesi corrono un rischio maggiore perché da una parte spesso la protezione degli anticorpi materni che gli erano stati trasmessi tramite il cordone ombelicale non è più sufficiente e dall'altra la risposta immunitaria alle vaccinazioni è sub-optimale nell'età inferiore di un anno ca. La dose di vaccino amministrato ha un ruolo importante nello sviluppo d'immunità in bambini molto piccoli. In una ricerca in The Gambia è stato visto che se si aumentava la dose normale del vaccino Edmonston-Zagreb di 10.000 a 40.000 PFU, la quota di risposta mmunitaria nei bambini dai 4 ai 6 mesi è aumentata dal 73% a 100%. A seguito di questo risultato, la WHO raccomandava nel 1989 di vaccinare i bambini di 6 mesi che vivevano in aree in cui la mortalità per morbillo dei bambini di quella fascia di età era un grande problema, con dosi più alte del Edmonston-Zagreb. A causa dei problemi di disponibilità del vaccino, si faceva poco uso del vaccino su larga scala. Sono stati sollevati dei dubbi riguarda la sicurezza del vaccino anti-morbillo ad alto dosaggio perché in molti paesi in via di sviluppo si osservava una più alta mortalità nelle bambine che ricevevano il vaccino ad alto dosaggio all'età tra 5 e 6 mesi in confronto a quelli che ricevevano il vaccino a dosaggio standard a 9-10 mesi di età. Una aumentata mortalità dopo il vaccino ad alto dosaggio non è stato osservato nei paesi industrializzato o in paesi in cui la mortalità infantile è sotto 100 per 1000 nati vivi. Al momento il vaccino ad alto dosaggio non è raccomandato.

Quindi, Acerra non ci ha spiegato il motivo per cui si raccomandava ai bambini molto piccoli un vaccino ad alto dosaggio. Non ci ha spiegato che questo riguardava solo i paesi dove la mortalità per morbillo nei bambini molto piccoli rappresentava un grave problema di sanità. Ci ha mentito quando ha scritto che alle femmine è stato iniettata una dose doppia rispetto ai maschi (infatti è ancora un mistero perché questa reazione si poteva osservare solo nelle bambine ma non nei bambini). La più alta mortalità era in relazione ai bambini vaccinati qualche mese più tardi con il vaccino a dosaggio normale. Non è, come Acerra cerca di insinuare, che il vaccino ha ucciso questi bambini, ma ne aveva salvati meno di quelli che riusciva a salvare il vaccino a dosaggio normale.

Fonte:
  • Plotkin-Orenstein Vaccines 4ed. pagina 406
  • Int J Epidemiol. 1996 Jun;25(3):665-73.

    Child mortality following standard, medium or high titre measles immunization in West Africa.

    Knudsen KM, Aaby P, Whittle H, Rowe M, Samb B, Simondon F, Sterne J, Fine P.

    Epidemiology Research Unit, Danish Epidemiology Science Centre, Staten Seruminstitut, Copenhagen, Denmark.
  • Weekly Epidemiol Rec. 1992 Nov 27;67( 4:357-61.

    Expanded programme on immunization (EPI). Safety of high titre measles vaccines.


La soppressione delle difese immunitarie dopo la vaccinazione

Lorenzo Acerra ci parla ora di una soppressione postvaccinale delle difese immunitarie che secondo lui è "universalmente riconosciuta negli ambienti scienficici". Afferma che il "super vaccino" (cioè il vaccino anti-morbillo ad alto titolo antigenico di cui ci ha raccontato nel paragrafo precedente) causava una "super soppressione che durava tra 6 mesi e 3 anni". Si lamenta del fatto che i medici non informano quasi mai i genitori di questo inconveniente dei vaccini e scrive "L'insistenza di questa fase imporrebbe infatti una visita molto attenta ai soggetti da vaccinare per evidenziare eventuali forme morbose in atto o in incubazione, che potrebbero aggravarsi o manifestarsi proprio in conseguenza della vaccinazione (vedi capitolo 4, "Reazioni ai vaccini", a pag. 45)". Con questa disinformazione sta già preparando il terreno per il resto del libro che tratta per gran parte i "danni da vaccino" e i consigli per i genitori che vogliono rifiutare le vaccinazioni obbligatorie.

E' vero che alcuni vaccini provocano una leggera, temporanea immunodepressione, ma questa è così leggera e temporanea che non ha nessuna importanza clinica. I bambini vaccinati non hanno un aumentato rischio di infezioni dopo la vaccinazione. Per esempio il risultato di una ricerca tedesca è che i 201 bambini che erano stati vaccinati quando avevano 60 giorni di vita contro difteria, pertosse, tetano, HIB e poliomielite avevano decisamente meno problemi con malattie infettive del gruppo di controllo (295 bambini) che erano stati vaccinati quando avevano 90 giorni.

J Infect. 2000 Sep;41(2):172-5.
General non-specific morbidity is reduced after vaccination within the third month of life--the Greifswald study.
Otto S, Mahner B, Kadow I, Beck JF, Wiersbitzky SK, Bruns R. Zentrum fur Kinder- und Jugendmedizin, Klinik und Poliklinik fur Kindermedizin der Ernst-Moritz-Arndt-Universitat, Soldtmannstr. 15, D-17487 Greifswald, Germany.

Sulla questione se le vaccinazioni rappresentano un problema per il sistema immunitario dei bambini, consiglio di leggere il seguente documento:

Addressing Parents' Concerns: Do Multiple Vaccines Overwhelm or Weaken the Infant's Immune System?

L'autore prosegue: "La letteratura medica ci dà indicazioni puntuali sul fatto che i vaccini possono aumentare l'incidenza delle stesse malattie che dovrebbero prevenire." Questa frase è completo nonsense. Se fosse così, non si vaccinerebbe di sicuro. Acerra ci vuole forse insinuare che chi raccomanda le vaccinazioni sia un delinquente?

Poi scrive "La capacità del vaccino antipertosse di stimolare l'inizio di una polio paralitica era nota sin dal 1909." Sarà anche un errore di battitura (perché nel 1909 questo tipo di vaccino non esisteva ancora) ma anche se intendeva dire "1990" è ugualmente falso. Ma perché non spiega come le cose stanno veramente? In realtà è stato osservato che una iniezione intramuscolare aumenta l'incidenza di polio paralitica, se viene fatta mentre il virus della poliomielite (sia quello selvaggio che quello attenuato del vaccino) si sta moltiplicando nell'organismo. Per questo viene raccomandato di evitare qualsiasi iniezione (non importa se contiene il vaccino DPT o altro).

N Engl J Med Volume 332:500-506 February 23, 1995 Number 8 Peter M. et al
Intramuscular Injections within 30 Days of Immunization with Oral Poliovirus Vaccine — A Risk Factor for Vaccine-Associated Paralytic Poliomyelitis






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